lunedì 31 ottobre 2016

Recensione: CRUSCIFIRE "Hellspawn"
2016 - Autoproduzione




Da diversi anni seguo con interesse la scena death metal brasiliana e, spesso, mi sono trovato di fronte a formazioni valide sotto il profilo musicale. La proposta dei CRUSCIFIRE è una palese testimonianza di come in alcune circostanze, non sia poi così indispensabile disporre di brani multiformi per assicurare la giusta robustezza ad un certo tipo di sound. Fatta questa ovvia premessa, è chiaro che bisogna perennemente scindere l'aspetto irrazionale da quello razionale quando si va a parlare di un prodotto discografico, specialmente tra le autoproduzioni di nicchia. La maggior parte delle volte, dipende esclusivamente da come l'ascoltatore "immagazina" la musica fornita dai gruppi odierni. "Hellspawn" convince a metà, anche se è un passo in avanti rispetto a "Chaos Season", risalente a sei anni fa. E' evidente che la grande passione per il death metal non è venuta meno, e i Cruscifire, giovane realtà attiva sul territorio delle nuove leve, fanno trasparire con entusiasmo l'attaccamento a queste grevi sonorità. Sicuramente si poteva fare di meglio sulla batteria (un po' più di doppia cassa e qualche rullata improvvisa avrebbero rinvigorito gli spunti interessanti messi in luce dalle due chitarre). La seconda uscita è tutto sommato apprezzabile, fermo restando che un maggiore impegno da parte della band sarebbe ben accetto.

Contatti: 

cruscifire.bandcamp.com/hellspawn 
facebook.com/cruscifire

TRACKLIST: Before the Dead, Zombie Riot, Archangels of Blackness, Evil Spectrum, Tomb of Terror, Horrors from Beyond, Necroplasm, Volcano of Doom


domenica 30 ottobre 2016

Recensione: PROFANAL "Supreme Fire"
2016 - Iron Tyrant




I PROFANAL sono un'altra valida band italiana che gode di ottima salute. Provengono dalla terra toscana, precisamente da Cecina (Livorno). Avevo già apprezzato alcuni brani del debutto "Black Chaos" del 2012, infatti, durante l'ascolto rimasi impressionato dalle loro ammirevoli potenzialità in fase di composizione, e soprattutto sul piano esecutivo. I contenuti da me sviscerati possedevano tutto quel che serviva per non far passare inosservate le reali intenzioni dei ragazzi, intenti a fare il necessario per scandire con inarrestabile irruenza bellica i numerosi colpi esplosi nel corso della costante aggressione. Indizi inequivocabili riconducibili alla logica delle sonorità di matrice old school, ma anche alla condotta combattiva improntata sull'alacrità. C'è poco da dire, se non che questi Profanal vogliono ancora ferirci insistentemente. Tutto ciò si amplifica con il nuovo album "Supreme Fire". Non si poteva chiedere di meglio alla compagine nostrana, nelle cui fila troviamo la cantante Rosy, caparbia a innalzare le sue doti di audacia mediante una timbrica decisa, catramosa, che si rivela penetrante e adatta al contesto. I cinque hanno nuovamente optato per un assalto sonoro al fulmicotone e una produzione tipicamente svedish; e credetemi, non ci vuole molto per rendersene conto. Già a partire dall'opener "Eternal Curse of Blood" (un brano tirato fino allo spasimo) il disco non concede nessuna tregua. "Supreme Fire" ci riporta certamente alla fredda Svezia degli anni '90, una nazione che ha visto la proliferazione di note formazioni del genere, tra le più aggressive del pianeta. Se non lo avete ancora capito, qui siamo ad alti livelli, per questo motivo la scena death metal del nostro Paese deve accogliere a braccia aperte i Profanal, musicisti fottutamente implacabili dal punto di vista stilistico e tecnico. L'underground tricolore è sempre vivo e prolifico. Siatene orgogliosi.

Contatti:

profanal.bandcamp.com
facebook.com/Profanal

SONGS: Eternal Curse of Blood, Despise Mankind, A Call for Revenge, Close the Coffin, Thanatophobia, Across Death's Path, Oracle of the Supreme, Burn the Altar, Considered as Gods


sabato 29 ottobre 2016

Intervista: LECTERN - "IL MALE VIVE TRA NOI"






NUOVO CAPITOLO DISCOGRAFICO PER I ROMANI LECTERN CHE, MIETONO VITTIVE CON IL LORO DEATH METAL. "PRECEPT OF DELATOR" E' UN DISCO DA NON PERDERE SE SIETE TRA QUELLI CHE ASCOLTANO E SUPPORTANO QUESTE SONORITA'. FABIO BAVA E MARCO VALENTINE SI RACCONTANO NELL'INTERVISTA RILASCIATA A SON OF FLIES WEBZINE.

1. I Lectern sono una band death metal ben consolidata all'interno della scena estrema nostrana, e vede coinvolti musicisti esperti in questo tipo di sonorità. Però, non conoscendo il vissuto di ogni singolo membro del gruppo (a parte quello di Fabio), volevo approfittarne per chiedervi in quali altre formazioni militavate prima di mettere in piedi questa band. Avete tutti un background differente?

Fabio: Di me sai già tutto o quasi! Comunque ho suonato con moltissime band death metal, a parte l'unica collaborazione come bassista con i The Brainwash. Loro fanno thrash metal.

Marco: Metal e non solo. Ho militato in progetti di vario genere, in particolare con basso e voce nell'hard rock, nel power metal e per un periodo anche nel nu metal. Il primo gruppo veramente serio in cui ho suonato e che ha contribuito alla mia formazione sono i Dissidio, band di crossover metal, i quali hanno raggiunto un grande successo. Li consiglio vivamente a tutti perchè oltre ad essere amici, sono veramente originali.

2. Come sono cambiati i Lectern in questi ultimi anni?

Fabio: Troppo! O forse come è cambiata la musica da quei giorni ad oggi! Al tempo i dischi si compravano o al massimo potevi duplicarli su tape, mentre oggi ti ritrovi con migliaia di likes sulla pagina Facebook della band, e magari neanche in cento hanno una copia fisica dei tuoi dischi. Tornando alla domanda, posso dirti che ha influito l'aver avuto troppo spesso una line up diversa (su ogni disco), anche adesso che Gabriele è andato a sostituire il secondo chitarrista, dopo quasi due anni, avendone passati in rassegna almeno tre. Il problema è sempre lo stesso, cercare di inserire gente seria, con la giusta immagine e strumentazione, oltre al fatto che debbano saper suonare. Molti non riescono a gestire i tempi di una band: chi lavora, chi no, chi spreca il tempo in cazzate. E poi: la giusta cultura death metal, un aspetto importante che ancora latita in questo fottuto ambiente. Gente troppo sporadica e variegata non fa bene al sistema, tendono a portare idee sciocche e stupide, come un cambio di sound, look e cose del genere. Ricordo ancora, circa sette anni fa, un chitarrista che fu nell'orbita Lectern per un po' mi propose di cambiare il nostro logo. Lo guardai con astio bruciandolo letteralmente sul posto, senza neanche fargli aprire bocca. Cambiò opinione in un batter d'occhio, capendo che la grande cazzata da lui proposta doveva essere scartata all'istante. Christophe Szpajdel mi fa il logo e tu le vuoi cambiare?!?! Gli dissi di andare a farsi fotte. Il metal si evolve? Beh, noi siamo i Lectern e resteremo fottutamente death metal. Fino alla fine!

3. "Precept of Delator" è il vostro nuovo album. In quanto tempo avete scritto e arrangiato tutte le canzoni, e perché avete deciso di affidarvi nuovamente alle mani esperte di Giuseppe Orlando durante le sessioni di registrazione?

Fabio: Il disco lo abbiamo assemblato in un anno e mezzo, ma alcune canzoni erano in parte pronte, mentre le altre sono arrivate molto dopo. "Fluent Bilocation" è una delle più recenti. Da quando abbiamo scoperto i The Outer Sound Studios tutto è cambiato in meglio, perciò in futuro andremo sempre e solo lì! Perchè lui è il death metal a Roma, e secondo me, anche nel mondo. Personalmente credo sia uno dei migliori studi in assoluto. Rapporto qualità-prezzo davvero buono, massima competenza, anche le attrezzature sono all'avanguardia (mixer, regia, amplificazione e microfoni). Non va dimenticato l'ottimo contributo di Alfonso Corace. Per un po' abbiamo utilizzato i Temple Of Noise studios di Christian Ice. Anche lui è un nostro grande amico, che però ha deciso di chiudere con le registrazioni. Credo che registri qualcosa sporadicamente. E poi, parlare con Giuseppe Orlando di Autopsy, Deicide, Suffocation mentre si registra, ha un valore che quasi nessuno può capire! Personalmente gli ho sempre detto: Giuseppe, hai trasportato i Morrisound Studio da Tampa a pochi km dal centro di Roma.

Marco: Pietro aveva pronte le canzoni già da quando abbiamo cominciato a cercare il secondo chitarrista, dopo la dipartita di Enrico. Ci è bastato creare i giusti pattern ritmici e associare i testi già pronti di Fabio. Da lì in poi ci siamo concentrarci sui dettagli. Infatti questo disco è stato composto con più calma, ecco perché è meno grezzo rispetto al suo predecessore. E' più curato, specialmente dal punto di vista atmosferico.

4. Mentre ascoltavo le tracce, mi chiedevo che tipo di strumentazione è stata utilizzata per ottenere quei suoni.

Fabio: Mesa Boogie Dual Rectifier come testata e cassa Marshall, batteria Roland, chitarra Jackson e basso Ltd. Produzione in Pro Tools per quanto riguarda il programma di registrazione utilizzato. Il mixaggio è durato un paio di giorni. Ho realizzato io stesso gli effetti di postproduzione, avendoli catturati dal vivo; mentre Marco aveva delle idee per "Precept Of Delator", idee che poi sono cambiate. Ma devo dire che anche lui ha fatto la sua parte in questo senso. Quelle che senti, le voci dei morti e delle anime, sono il frutto del suo massiccio contributo.

5. Da dove è scaturita la decisione di arruolare un secondo chitarrista nella band? Penso che utilizzare due chitarre, soprattutto dal vivo, sia una cosa importante per raggiungere il maggior impatto. Siete d'accordo?

Fabio: Certo! Questo genere musicale non si può creare in tre, ci vuole sempre un ulteriore suono di chitarra. E' importante avere una solida base ritmica che spinga al massimo sotto agli assoli. Bisogna cercare di riempire! E questo lo si può ottenere con un sound che dia rilievo ai bassi e che abbatta i medi. Usare corde giganti per basso e chitarre, accordatura in Si, i giusti pedali e distorsione grassa. Aver suonato come trio per un po' di tempo ci ha cambiato in meglio. Ma i Lectern sono nati per essere quattro elementi. Si vive e si ragione in modalità by four, assolutamente! Ognuno arrangia, scrive, porta idee e contributi. Tutto viene valutato attentamente, poi decidiamo cosa tenere e cosa scartare. Ultimamente abbiamo fatto due photosessions con Gabriele per il restyling della line up. Altro aspetto è quello promozionale: per ora il manager della band siamo noi, in futuro chissà. Marco si è occupato delle riprese di cinque nostri video per il nuovo album. Quindi, voi restate sintonzzati e tenete accesi i vostri schermi.

Marco: Era necessario avere un secondo chitarrista. Siamo partiti in quattro, e quando per un periodo ci siamo ritrovati in tre, ci sembrava mancasse qualcosa, soprattutto dal vivo. Comunque l'intesa è stata sempre molto forte, pur essendo solo in tre.

6. Ho notato che all'interno dei vostri testi avete sempre optato per delle tematiche abbastanza scomode. Per quale motivo? Odiate così tanto i dogmi della Chiesa cattolica imposti ai credenti come articoli di fede?

Fabio: Diciamo di sì, anche se attraverso i miei testi vado sempre oltre. Odio quei fottuti stronzi e spero che crepino tutti! Le terminologie religiose sono sempre difficili da utilizzare, ed è molto importante cercare di studiare questi argomenti con cognizione di causa. Per dire Fuck God non ci vuole una grande scienza, ma saperglielo far arrivare nel culo, sì! Mi ha sempre affascinato Satana, la simbologia che comporta e tutto il resto, ma non stronzate sulla magia nera! "Discorporation With Feral" parla della possessione, ma nessuna connessione con esorcismi o cose del genere. "Palpation Of Sacramentarian" segue la direzione di "Libidinal Tabernacles" (brano del disco precedente). Parla degli abusi sessuali dei preti sui credenti. Qui ho cercato, senza creare un sequel, di far capire che lo stupro è embrionale dal concepimento dell'individuo, nel battesimo, nella fede e nei sacramenti, fino alla morte. Sono tutti dei rituali, mentali e religiosi. Lo stupro è carnale e mentale allo stesso tempo, e se ci rifletti, è qualcosa di allucinante. La Chiesa ha sempre voluto comandare e modificare i culti, imponendo il suo come unico credo. Governare su tutto. Ben venga un film rivoluzionario come The Young Pope! Potrei usare alcune sue idee, quel discorso dell'assenza di Dio, del "non vi aiuterò", il riferimento a un Papa feroce e guerafondaio nella sua anti pseudo-bontà. Tutto ciò mi ha coinvolto. Ogni dialogo nel film, se guardi bene, risulta immerso nel peccato! Ogni parola è una bestemmia di classe in quel glossario, in quei dialoghi. E se te lo dice uno che non ama guardare la televisione e che quasi mai va al cinema... beh... ci si può credere.

Marco: Semplicemente non ammettiamo l'ignoranza, l'odio e la violenza che vengono generati dalla religione. Il dogma è ad un leggerissimo passo di distanza dallo sfociare nel fanatismo più puro, e se l'unico modo per attirare l'attenzione è quello di sfruttare la tematica dell'avversario, ben venga allora. Inoltre, devo dire che il Demonio è da sempre usato come allegoria, per rappresentare tutti quegli atteggiamenti e attività tipiche dell'essere umano, e non di un essere satanico".

7. Secondo il vostro punto di vista, oggi ha ancora senso parlare di scena estrema italiana? Nel corso degli anni, avete stretto delle belle amicizie con gruppi della nostra penisola?

Fabio: Continuo a ribardirlo con forza: in Italia c'è la scena death metal del futuro! Guardate ai Deceptionist, Hour Of Penance, Ade, Hideous Divinity, Corpsefucking Art, Airlines Of Terror, Dr. Gore, Screaming Banshee, Exiled On Earth, Eyeconoclast, Nerodia, Stormlord, Devangelic e Blasphemer. Sono quasi tutti della Capitale è vero, ma sono quasi tutti qui i migliori! Pensa se tutto questo fosse successo più di vent'anni fa, adesso saremmo al pari dei maestri, anzi, saremmo noi a dettar legge con gli americani ad inseguirci.

8. Progetti futuri?

Fabio: Allora, dovremmo esibirci in Slovacchia, Belgio, Svezia, Usa, Italia, Olanda, Lettonia, Estonia, Svizzera, Polonia e Germania quasi sicuramente tra l'anno prossimo ed il 2018. Abbiamo poi una mezza parola per il tour europeo! Attendiamo una chiamata dai Defiled per inizio 2017. Yasuke ha dei problemi, ci parlavo via Facebook giorni fa. Speriamo bene. Dipende tutto da cosa accade in Giappone".

Marco: Migliorare, scrivere altro materiale e, nel mio caso, vivere ancora questo sogno musicale. Viaggiare, suonare con gente diversa e più capace, per misurarmi e confrontarmi".

9. Volete lasciare un messaggio per i lettori della mia webzine e per tutti i seguaci del death metal? Grazie per l'intervista.

Fabio: Supportate le band metal italiane, altrimenti nessuno verrà a conoscenza di questa musica. Nutritevi del death metal made in Italy! Anche le label se ne sono accorte. Attaccate adesivi, scrivete i nomi dei gruppi sui muri, insomma, inventatevi qualcosa. No al pay to play, e a pagare per essere recensiti o intervistati! E' ora di farla finita con queste stronzate! Anche le formazioni famose devono ricordarsi che cosa significhi caricarsi il proprio amplificatore in macchina, senza un roadie che ti aiuta. Va fatto ordine e tornare al vero spirito del metal. Purtroppo, molti nella scena hanno dimenticato tutto questo! Siamo tutti figli delle mosche. Leggete e diffondete.


CONTATTI: 

lectern.in 
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twitter.com/lectern666
vianocturna.bandcamp.com/precept-of-delator
lectern@mail.com

LECTERN line-up:

Fabio Bava - Voce, basso
Pietro Sabato - Chitarra
Gabriele Cruz - Chitarra
Marco Valentine - Batteria

RECENSIONE: 
LECTERN "Precept of Delator" 2016 - Via Nocturna




venerdì 28 ottobre 2016

Recensione: TESTAMENT "Brotherhood Of The Snake"
2016 - Nuclear Blast




La trepidante attesa è finalmente finita! E' il 28 Ottobre 2016, la data di uscita del tanto agognato "Brotherhood Of The Snake" dei TESTAMENT. Un lavoro fedele alla natura velenosa di questi paladini del thrash metal statunitense, e che contiene un'espansione stilistica superiore a quanto effettuato in "Dark Roots of Heart" (il secondo full-length per Nuclear Blast). Per questo motivo, ascoltare un disco che può definirsi contiguo alle precedenti prove in studio non possiede un'accezione penalizzante. E' un vantaggio, poiché stiamo parlando di veri e propri colossi. Appare comprensibile che i californiani siano davvero orgogliosi di aver accolto nuovamente Steve DiGiorgio nella band. I Testament continuano a scrivere pagine indelebili per la musica della Bay Area, proprio perché oltre ad essere in perenne marcia sul sentiero del progresso, ci dimostrano che la progressione stessa fa parte della vita. Non esiste senza uno sviluppo costante di idee e progetti. La persona saggia ne è sempre consapevole. E di esperienza, nonostante l'età, questi giganti ne hanno già accumulata parecchia. Le loro sonorità sono capaci di sopravvivere ai cambiamenti generazionali e perdurare nel tempo. Fatico a credere che siano passati ben ventidue anni da quando iniziai ad ascoltarli e seguirli con passione viscerale. "Brotherhood Of The Snake" è esattamente l'album che i fan del gruppo imploravano a gran voce. Stando così le cose, i cosiddetti "Big 4" (Slayer, Metallica, Megadeth, Anthrax) dovrebbero inchinarsi e prendere esempio. Che vi piaccia o meno, è ciò che penso.

Contatti: 

testamentlegions.com
facebook.com/testamentlegions

TRACKLIST: Brotherhood of the Snake, The Pale King, Stronghold, Seven Seals, Born in a Rut, Centuries of Suffering, Black Jack, Neptune's Spear, Canna-Business, The Number Game




giovedì 27 ottobre 2016

Intervista: DARKTHRONE - "IL RUGGITO DEL TUONO ARDENTE"








PER QUASI TRENT'ANNI I DARKTHRONE SONO STATI UNA FORZA INARRESTABILE, E MAI SOTTOVALUTATI ALL’INTERNO DEL PANORAMA METAL MONDIALE. ANCHE OGGI, IN QUESTA SECONDA VITA, I DUE MUSICISTI NORVEGESI NON MOSTRANO NESSUN SEGNO DI CEDIMENTO. IL LORO NUOVO ALBUM “ARCTIC THUNDER” NE E’ LA RIPROVA. ECCO A VOI IL RESOCONTO DI UN'INTENSA INTERVISTA CON GYLVE FENRIS NAGELL.

1. Ciao Fenriz. Come te la passi in questo periodo? Spero tutto bene. Mi fa molto piacere che tu abbia accettato di rispondere a questa seconda intervista per Son of Flies webzine. Cerco di essere breve e dettagliato, perciò mi auguro che le mie domande siano di tuo gradimento.

- Qui va tutto bene. In questo momento sto ascoltando il vinile del primo album dei norvegesi CADAVER, uscito per una sottoetichetta della Earache Records (la Necrosis Records, che fu gestita dai ragazzi dei Carcass). E’ un regalo del mio amico Andrew Pitt. Questo vinile mi è stato inviato dall’Australia (credo lo abbia cercato su qualche archivio metal). Lui ha deciso di spedirmelo dopo che io gli ho fatto avere un singolo dei The Devil’s Blood (ottenuto a tempo di record da Discogs). Abbiamo suonato molti concerti con i Cadaver nel lontanto 1989/1990. Possiedo ancora il loro demo e lo split CD con i Carnage. Comunque custodivo già il CD di “Hallucinating Anxiety”, ma non avevo la versione su LP con la bonus track. A pensarci bene, anche il nostro primo album conteneva una bonus track (“Eon”) sulla versione CD, haha!

2. Nelle ultime settimane le reazioni di chi ha ascoltato attentamente “Arctic Thunder” sono state generalmente positive: i vostri nuovi seguaci si dimostrano interessati, ma anche un po’ perplessi; mentre i vecchi fan mi sono sembrati più pronti ad apprezzare l’ultima vostra incarnazione. E’ stata una decisione presa consciamente quella di tornare indietro nel tempo, oppure tu e Ted volevate solo focalizzarvi su un suono diverso rispetto a quello espresso sulle ultime release?

- Aspetta un attimo, devo solo fare un po’ di headbanging mentre ascolto i riff mid tempo dei Cadaver... Cazzo, sono davvero impressionanti! Bella domanda la tua, anche se in questa sede non posso parlare per Ted. Immagino che lui componga musica con la sua testa, ispirato da sé stesso mentre suona la chitarra. Ovviamente è solo la mia ipotesi. Io, d'altra parte, desideravo intervenire in maniera più introspettiva per dare forma ad “Artic Thunder”. E’ stato fondamentale poter disporre del nostro studio (l'iniziativa di Ted emerse nel 2005). Stiamo facendo un sacco di registrazioni in freestyle, e molte delle canzoni sono nate in questo modo. Tuttavia, sul nostro ultimo disco abbiamo ridotto l’utilizzo di alcuni degli stili incorporati nelle ultime nostre release, ma facendo affidamento ad un approccio più serio, siamo anche riusciti a conservare le caratteristiche di altri generi musicali. Eravamo molto soddisfatti del precedente “THE UNDERGROUND RESISTANCE”, quindi ci siamo chiesti come potevamo fare di meglio. Con il passare degli anni, vedevamo quel lavoro come una specie di mammut. E’ stata una prova difficile cercare di andare oltre quel gigante, perché non volevamo ucciderlo, ma girargli intorno e andare avanti. Ho deciso così di tenere a freno l’istinto di scrivere canzoni metal con quelle velocità tipiche dello stile heavy svedese del 1983-1985. Per cui, cosa mi restava da fare? SLOW HEAVY METAL. Quando ho iniziato a scrivere il materiale per il nuovo album (a metà del 2015) avevo quattro dischi in mente. Questo non significa che io mi sedevo ad ascoltare quegli album cercando di copiarli. Per me sono stati come una mappa stradale. Dopo aver ascoltato tantissima musica nella mia vita, sono arrivato al punto in cui volevo solo approfondire la mia personale visione seguendo un'unica direzione, anziché farmi rapire dalle numerose influenze provenienti da migliaia di album già ascoltati. Le quattro release cui accennavo prima sono: DREAM DEATH “Journey Into Mystery” (1987, New Renaissance), SACRILEGE “Within the Prophecy” (1987, Under One Flag), BLACK SABBATH “Mob Rules” (1981, Warner Bros.) e CANDLEMASS “Epicus Doomicus Metallicus” (1986, Black Dragon). Dopo aver registrato tutte le nuove canzoni, ho confrontato le mie incisioni con quelle di Ted, e ho scoperto che nelle mie tracce non c’era nulla che mi ricordasse i Candlemass; un modo per poter dire che, non ho lavorato come un robot o qualcosa del genere. Mentre, c'erano dei riff sui miei brani che potevano ricordare gli altri 3 album citati poc’anzi, ma anche un po’ di Iron Maiden, alcune cose degli Hellhammer, un po' degli Exodus degli esordi, oppure degli Autopsy e dello stile dei Necrophagia del 1987. Un qualsiasi riff di chitarra deve colpire il mio cervello come un fulmine e devo canticchiarlo fino a quando non decido di riversarlo sulla mia sei corde. Successivamente registro tutto sul telefono. Partendo da un singolo riff, inizio a comporre altri riff che cerco di adattare all’atmosfera della canzone. Il mio processo di scrittura viene ispirato da tutta la musica che ho ascoltato (e che, signori miei, è davvero tanta). A questo punto voglio svelarvi un segreto: tutto ciò che sto cercando di scrivere oggi è quello che avrei composto nel 1988 se...

1: Avessi avuto le capacità per suonare bene la batteria.

2: Avessimo deciso di continuare a camminare sul terreno del death metal, cosa che facemmo alla fine dell'anno 1988/inizi del 1989. Quella che sto scrivendo attualmente è musica vera, sentita, in stile DARKTHRONE, un ritorno alle nostre origini. Nelle tantissime biografie on-line che ci riguardano, si dice che abbiamo iniziato come una band death metal, ma ascoltando il nostro primo demo è chiaro che non è così. Avevamo delle ispirazioni molto più vecchie.

3. Il songwriting dell’album è più mirato e (credo) più maturo rispetto a quello dei precedenti dischi in studio. Questa la mia sincera opinione. Il filo logico suggerito dalla spontaneità ha guidato in qualche modo il vostro approccio alla scrittura? Vorrei sapere se l’intenzione era quella di salire su un altro livello.

- E’ un bene che siamo maturati dopo 17 album, hahahahaha!!! Io e Ted eravamo troppo felici dei risultati ottenuti con il precedente disco, ecco perché provavamo una strana sensazione, come se avessimo raggiunto una sorta di stazione finale. Così ho pensato che dovevamo apportare qualche modifica sul nuovo materiale. Ci siamo sentiti totalmente liberi di esprimerci come volevamo da quando siamo entrati nel nostro piccolo studio nel 2005. Devo dire che, ho sacrificato la mia grande voglia di cantare, facendo poi cantare a Ted l’intero album. Come accennavo prima, “Arctic Thunder” è un lavoro molto più introspettivo. Nel periodo in cui stavano maturando certe decisioni fondamentali per il disco, ascoltavo continuamente “Mountain” degli ANGUISH, anche se quello della formazione svedese è uno stile diverso dal nostro. Quindi, in questo momento vale lo stesso discorso fatto nella risposta alla tua seconda domanda.



4. Come si sviluppa il processo di scrittura per una nuova canzone dei Darkthrone? Te lo chiedo perché all’inizio della vostra carriera avevate influenze un po’ diverse da quelle di oggi. Non è così?

- No, ho avuto più o meno le stesse influenze sulle mie canzoni di questo album, come era successo alla fine del 1987 e inizi del 1988. In realtà è Ted a mantenere un approccio standard quando scrive la sua musica per i Darkthrone, mentre io sono andato totalmente indietro nel tempo, a quel tipo di suono che avrei voluto scrivere alla fine del 1988 (come ti ho già spiegato nella tua domanda numero 2 :D). Per una nuova canzone dei Darkthrone inizio sempre da un mio riff di chitarra e solo in un secondo momento lo registrato sul mio telefonico (in questi giorni, non ho scelto solo questa opzione, ma mi sono affidato anche a un lettore mp3 e a un dittafono). In ogni caso, nel corso di trent'anni e con diciassette album all’attivo, una qualsiasi canzone poteva iniziare in tanti modi diversi, per questo motivo tutti i nostri dischi sono stati registrati in maniera differente, apportando qualche piccola variazione se necessario. Alcune composizioni di “Arctic Thunder” sono venute fuori all’improvviso, mentre mi rilassavo bevendo birra e suonando la chitarra. Non ho idea di come funzioni per Ted, mi dispiace.

5. Quali altre band o suoni hanno ispirato la musica di “Arctic Thunder”?

- Come dicevo poc’anzi, un nostro album può essere il risultato di tutta la musica che ho ascoltato negli anni, e quindi, quando compongo il mio materiale devo solo creare qualcosa che si adatti al mood delle singole canzoni. Poi, col passare delle settimane registro tutte le idee. Non ho la possibilità di ascoltare in anticipo il materiale di Ted, perciò solo quando ci incontriamo in studio valutiamo il da farsi e prendiamo ogni decisione. Così prima della masterizzazione del disco possiamo analizzare quali sono i riff che ci piacciono. Nei miei giri di chitarra si possono avvertire delle somiglianze con gli Hellhammer, con i Poison Idea del disco “Feel the Darkness” (1990), o udire forti richiami a dei riff degli Stryper. Io stesso potrei sentire qualcosa che mi ricorda gli Autopsy e poi improvvisamente gli Iron Maiden, ma anche qualche riff metal in stile egiziano, o dei riff mid tempo tipici degli Exodus dell'anno 1985 e dei Metallica del 1986. Peraltro sono anche interessato ai riff già sentiti nel 1987/1988.

6. La decade degli anni ‘80 è stata importantissima per la musica rock e metal, e oggi sono in tanti ad affermarlo! Tu cosa puoi dirci su quella scena musicale e sulla gran parte delle band, etichette, zines, radio attive in quegli anni?

- Non tutti i decenni si riversano l'uno nell'altro. Gli anni ‘80 sono stati fantastici per il metal. Un sacco di gruppi dal sound più duro non potevano permettersi grandi studi, e pur avendo utilizzato delle piccole sale di incisione, hanno comunque generato tante registrazioni con una vera identità. Lo scopo era solo quello di suonare pesanti. Sì, il suono di allora era davvero originale. Tutto quel fermento ha dato vita a molti paesaggi sonori differenti. Gli anni ‘90 portarono dei suoni molto più uniformi, ed è per questo se non mi hanno mai particolarmente attratto. Mi piace soprattutto il rock e l’hard rock dei ‘50, ‘60, ‘70 e ‘80. Nel 1987 l’underground metal mondiale era pieno di zines, gruppi, demo e programmi radiofonici, utilizzavamo il tape trading e gli scrittori delle zines ci fornivano le compilation registrate sulle cassette. Tutto si sviluppava tramite posta! Io non ho comprato nessun album nell’‘87, ‘88, ‘89 e ‘90 a causa di questo; ma ho ricevuto tantissime demo grazie al tape trading e acquistavo ciò che mi interessava tramite mailorder. Il negozio di musica a Oslo non vendeva le prime tape degli Incubus o dei cileni Pentagram.

7. Cosa ti piacerebbe vedere nel futuro del metal in generale e in quello dei Darkthrone?

- E’ stato grande quando dal 2004 in poi tutti hanno avuto la possibilità di conoscere meglio la scena metal. Ognuno poteva approfondire ciò che desiderava veramente, invece che seguire i trend e le regole imposte da tante etichette discografiche. E’ pur vero che con lo streaming e con YouTube si sono persi tanti soldi, ma la musica si è rivoluzionata e ha fatto grandi passi in avanti. Spero solo che lo streaming possa far accumulare un po’ di denaro agli artisti. I sacrifici, gli sforzi e il duro lavoro dovrebbero essere ripagati. Ma si sa che, il mondo non è un posto giusto per questo, haha. Ho tre nuovi riff per i Darkthrone. Si muovono sullo stesso stile dei brani di “Arctic Thunder”, quindi penso che questo sarà lo stile che seguiremo. Però Dio potrebbe sghignazzare e prendersi gioco degli esseri umani che fanno progetti (...come dice un vecchio detto). I Darkthrone non hanno piani al momento, qualunque cosa accada. Ma mi sembra di capire che al momento ci stiamo muovendo bene.

8. Fenriz, grazie per il tempo concessomi. Ti auguro tutto il meglio. Darkthrone rules forever!

- Non dimenticate di ascoltare i MALOKARPATAN.

Ecco maggiori informazioni: I moved back home here to Kolbotn/Tårnåsen in 2013/2014, just 200 metres away from our old rehearsal space. I pulled some strings in the local community (thanks Nicklas and Morten B.) and finally had the key to the old bomb shelter. Back in the day it was the cold war and up here, every population of ca 350 had to have a bomb shelter – it also had to be constantly empty to house people in case of nuclear war. This meant that every single rehearsal we had there meant getting ALL the equipment from a side room to the garages on ground level, carry it down to the shelter and set everything up. After rehearsals we had to dismantle EVERYTHING and carry it back up to the little storage space. When we got the record deal with Peaceville in early 1990 I said to my parents that “we have a record deal now, we can't rehearse like that anymore, we have to rehearse at our house”. So we did. Thanks, parents. But half a year later the cold war ended and we could have continued to rehearse there without all the hassle of setting up and taking down all equipment. Haha! C'est la vie.

So in august 2015 Ted and me drove to our previous recording spot (thanks, Kjell Arne) and fetched all of our equipment and set it up in the old bomb shelter. It still had the same smell, only difference is that many other bands rehearse there and the old CHET ATKINS “me and my guitar” poster wasn't there. The janitor said he had to take it down because of water damage. I went home and found the album cover online and printed it out and put it back up. NOW we were back in business. We met up in September with two songs each ready to be recorded and then again in december, same procedure. How we recorded for Arctic Thunder is that we mic up the drums, mic up a guitar amp, no wall between so that the guitar will leak into the drums and vice versa. Then put the studio on red (recording) and play till we are satisfied. That means it is a very live situation, playing very loud. We don't do much with the sound afterwards because we can't, it's a very primitive studio. Then Ted takes his equipment and the studio back to his home in Skien and records bass and solo and does vocals. Then I get a copy and tell what levels need to be adjusted (for this album I said, “Ted, it sounds so muffled. Treble it up a bit before the mastering process”). And then it is sent off to mastering, again to Jack Control at enormous door mastering in Texas, like our previous album. And there you have the final product. One master for cd, one for vinyl.


CONTATTI:

peaceville.com/bands/darkthrone
facebook.com/Darkthrone

DARKTHRONE line-up:

Gylve Fenriz Nagell - Batteria, Basso, Chitarra, Songwriting, Lyrics
Ted Skjellum - Voce, Chitarra, Basso, Songwriting, Lyrics

RECENSIONE: 
DARKTHRONE "Arctic Thunder" 2016 - Peaceville Records




mercoledì 26 ottobre 2016

Recensione: DEHUMANIZED "Beyond the Mind"
2016 - Comatose Music




Da lungo tempo la progressione è una prerogativa per chiunque desideri modificare, o quantomeno superare, i soliti margini espressivi. In questa sede non è il caso di prendere come termine di paragone i newyorkesi DEHUMANIZED, impegnati a lasciare inalterato uno stile musicale lontano da qualsiasi fonte di originalità, usato e abusato nell'underground del continente americano. Lo slam death metal è quello di cui vi sto parlando (un sottogenere del brutal death che si concentra quasi esclusivamente su mid tempo terremotanti). In realtà, però, i Dehumanized lo sanno suonare bene e sono tra i pochi gruppi a meritare una larga fetta di fan sparsi un po' ovunque. Il batterista George Torres, il chitarrista Rich Nagasawa (i membri fondatori del progetto) e soci, conoscono alla perfezione le istruzioni per maneggiare tali sonorità e, pur avendo a disposizione gli ingredienti di sempre, li usano nel migliore dei modi. "Beyond the Mind" è una forma di tortura collaudata per chi sa sopportare il dolore.

Contatti: 

facebook.com/DEHUMANIZED.NY 

TRACKLIST: Worthless Prosperity, P.C.C.R, Beyond the Mind, Black Market 2099, Abyss Ambassador, One North, The First Immortal, Last Words, Drawn by Blood, Telepathics




martedì 25 ottobre 2016

Recensione: DERANGED (SWE) "Struck by a Murderous Siege"
2016 - Agonia Records




Dopo un arco di tempo di cinque anni, si rifà viva una vecchia conoscenza del brutal death metal europeo, gli svedesi DERANGED. Musicisti che non demordono, nonostante i momenti non sempre facili vissuti nel corso della loro carriera (attivi dal 1991 e resuscitati nel 2009). Chi li apprezza, sa che Rikard Wermén e Johan Axelsson decisero di sciogliere la band nel 2008, ritornando in azione nel 2011 con il feroce "Cut Carve Rip Serve". Anche se Axelsson non era più nel gruppo. Noncuranti degli esiti un po' negativi causati dalle passate esperienze (senza dimenticare i vari cambi di line-up), i quattro scandinavi cambiano un'altra volta etichetta (oggi su Agonia Records), e rimboccandosi le maniche, mettono subito le cose in chiaro. Il sound frantuma ossa dei Deranged è un marchio di fabbrica ben consolidato, fatto di continui richiami e omaggi a grandi nomi (Cannibal Corpse in primis). Purtroppo, la scelta di dare priorità all'impatto ha sacrificato non poco la possibilità di costruire strutture più variegate e meno minimali. A livello vocale, rispettabile la performance di Anders Johansson. In "Struck by a Murderous Siege" l'onestà della proposta ha preso il sopravvento su ogni cosa, per rimarcare l'attaccamento al death metal oltraggioso. Vanno premiati per la loro tenacia.

Contatti: 

agoniarecords.bandcamp.com/struck-by-a-murderous-siege
facebook.com/derangedband 

TRACKLIST: The Frail Illusion of Osteology, Hello from the Gutters, Reverent Decomposition, Shivers Down Your Broken Spine, Cold Icy Hands, Struck by a Murderous Siege, Toy Box Torture Chamber, Undead Instrument by Grim Ascendancy


lunedì 24 ottobre 2016

Recensione: TYGERS OF PAN TANG "Tygers Of Pan Tang"
2016 - Mighty Music




Ancora oggi ho un ricordo nitido dei tanti momenti adolescenziali passati in compagnia dei TYGERS OF PAN TANG. Ai tempi la tape originale di "Crazy Nights" girava incessante nello stereo a cassette acquistato dai miei genitori. Grazie a quell'apparecchio scoprii alcune ottime band dei '70 e '80, ma anche numerosi gruppi underground che poi influenzarono la mia vertiginosa esistenza. Quel disco (come altri) mi diede la possibilità di osservare il mondo della musica heavy con occhi diversi e meravigliati, di filtrarlo attraverso un punto di vista attento ai particolari, mentre tutt'intorno non esisteva nulla. Mi isolavo in camera e in quelle quattro mura non c'era nient'altro che la musica che volevo approfondire (Iron Maiden, Metallica, Megadeth, Anthrax, AC/DC, Kiss, Loudness, Bryan Adams, Europe, Queen, gli U2 di "October" e "War"...). Ero rimasto completamente attratto dalla copertina di "Crazy Nights" (1981), e col passare degli anni finii per adorare la voce squillante del cantante John Deverill, i riff graffianti creati da Robb Weir e John Sykes, gasandomi sui ritmi pirotecnici sparati dalla batteria, agli inizi suonata da Brian Dick. Per cui, senza volerlo, il nuovo disco omonimo funge da ponte tra il passato e il presente. Ovviamente, molte cose sono cambiate da quando mossero i primi passi. Ma questi musicisti inglesi, figli adottivi della New Wave of British Heavy Metal, mantengono viva una varietà sonora indubbiamente ammirevole, sorretta da un'anima sgargiante attaccata alle sue evidenti origini. Basilare l'energia trainante sprigionata dell'attuale frontman Jacopo Meille, personaggio carismatico e con una voce che sa emozionare servendosi di ividiabili proprietà tecniche. Fa davvero piacere ritrovare i Tygers Of Pan Tang in piena forma. Il songwritng effervescente va a beneficio della resa finale dell'intero lavoro. Una musicalità incisiva, intrigante, esaltata con maestria dall'abilità del membro fondatore Robb Weir e del suo fido compagno Micky Crystal, abili sulle sei corde. La produzione cristallina e ariosa regala ampiezza ad ogni movimento fatto dai nostri, sia che si tratti di composizioni coinvolgenti appartenenti ad una precisa categoria del rock ("Only the Brave", "Dust", "Never Give In", "Do It Again", "The Devil You Know") o ballate dal gusto nostalgico, emotivo, passionale ("The Reason Why", "Praying for a Miracle", "Angel in Disguise"). Una realtà illustre come gli Alter Bridge gli deve molto. I Tygers Of Pan Tang hanno unito le loro forze per ricreare l'atmosfera che si poteva vivere e respirare nei leggendari anni '80. Solo i più Grandi riescono a trovare le giuste note. Gli auguro lunga vita.

Contatti: 

tygersofpantang.com/official
facebook.com/tygersofpantangofficial

TRACKLIST: Only The Brave, Dust, Glad Rags, The Reason Why, Never Give In, Do It Again, I Got The Music In Me, Praying For A Miracle, Blood Red Sky, Angel In Disguise, The Devil You Know


sabato 22 ottobre 2016

Recensione: THE DILLINGER ESCAPE PLAN "Dissociation"
2016 - Party Smasher Inc.




Quando si sceglie di ascoltare un disco dei THE DILLINGER ESCAPE PLAN, si deve prima di tutto trovare la chiave che ti permette di accedere nel loro vasto universo, e da lì in poi sintonizzarsi nella giusta frequenza. Questi musicisti sono davvero bravi; e dimostrano di essere al massimo del loro agio, grazie a innumerevoli spunti originali che apportano ai rispettivi ruoli. Ma parlare di questa musica così particolare rimane una questione assai complessa, proprio perché l'eccentricità della formazione americana può spingere fuori rotta. Il nuovo "Dissociation" non è rivolto a tutti: alcuni lo adoreranno, altri lo rifiuteranno. Il che naturalmente è vero, ma in entrambi i sensi. I The Dillinger Escape Plan credono alle cose che fanno, perciò non faticano a renderle sincere e concrete, senza curarsi dei giudizi o pregiudizi esterni. Non si spiegherebbe il successo ottenuto sul mercato mondiale. Quindi non è mia intenzione manipolarvi. Tento solo di andare al cuore della faccenda e lasciare che sia il disco a parlare. Chiunque crei qualcosa di unico ha davanti a sé una linea che non è disposto a varcare, a nessun costo. Gli album pubblicati dalla band rimangono un dilemma infinito, un labirinto senza via di uscita: esistono solo due parti, opposte e molto articolate, ma nessuna ha connessione con l'altra. Qualunque loro decisione capace di fare la differenza avviene comunque al di fuori di tale contrapposizione. Lo sappiamo bene che i The Dillinger Escape Plan non hanno rivali all'interno del panorama musicale internazionale, ed è per questo motivo se non è semplice accettare il già annunciato ritiro dalle scene. "Dissociation" è il pezzo mancante per completare il puzzle iniziato nel 1997. Dovete averlo!

Contatti: 

dillingerescapeplan.org
facebook.com/dillingerescapeplan

TRACKLIST: Limerent Death, Symptom Of Terminal Illness, Waiting Not So Much As To, FUGUE, Low Feels Blvd, Surrogate, Honey Suckle, Manufacturing Discontent, Apologies Not Included, Nothing To Forget, Dissociation




venerdì 21 ottobre 2016

Recensione: ENTRAPMENT "Through Realms Unseen"
2016 - Pulverised Records




In anteprima ho l'opportunità di entrare nel merito del nuovo full-length degli olandesi ENTRAPMENT, partiti come one man band e solo in seguito diventati un gruppo death metal di quattro elementi. Ma sembra che Michel Jonker (Inhumanised, ex-Makiladoras, ex-Massive Assault, ex-Absorbed...), il compositore principale che ha dato il via al progetto, svolge un ruolo di prim'ordine anche su "Through Realms Unseen", album che ha suscitato l'interesse della ben avviata Pulverised Records. Se avete buona memoria, ricorderete di quando scrissi a proposito delle prime due release ("The Obscurity Within​.​.​." e il successivo "Lamentations of the Flesh"), rese disponibili dopo la firma con la Soulseller Records. Come avrete già intuito dall'artwork di copertina, questi deathster vogliono mantenere alta la grande bandiera ceduta dalla vecchia scuola, motivo per cui hanno pensato bene di seguire gli insegnamenti dei mentori Nihilist, Entombed, Autopsy. L'intero lavoro si sviluppa su una scrittura rovente, sincopata e articolata, animata da un approccio che raramente concede respiro. I nostri fanno sul serio, proponendoci dei riff travolgenti, compattati e sistemati in modo sapiente. Priva di sbavature la prova solista, quella della sezione ritmica e della voce, munita di una timbrica catarrosa che alza un gran polverone. Potenza, groove, melodia si danno battaglia nei minuti del disco, in modo da generare una turbinosa tempesta sonora la cui onda d'urto, è in grado di far tremare le spesse mura di qualsiasi appartamento. Notevoli. Disponibile dal 25 Novembre.

Contatti:

entrapment2.bandcamp.com
facebook.com/entrapmentdeathmetal

TRACKLIST: Omission, The Seeker, Static Convulsion, Ruination, Dominant Paradigm, Withering Souls, Isolated Condemnation, Through Realms Unseen, Hybrid Maelstrom, Discordant Response, Self Inflicted Malnutrition


giovedì 20 ottobre 2016

Recensione: DARKTHRONE "Arctic Thunder"
2016 - Peaceville Records




Gylve Fenris Nagell (conosciuto come Fenriz, sin dal lontanto 1992) e Ted Skjellum (Nocturno Culto), i componenti storici dei DARKTHRONE, alla luce di quanto espresso e fatto fino all'anno 2016, meriterebbero un monumento in calcestruzzo, un premio per riconoscere la dedizione e la volontà di ferro con le quali hanno propagandato il proprio substrato stilistico. I risultati positivi ottenuti con gli ultimi lavori avranno inevitabilmente condizionato la loro scelta, quella di voler far maturare in tre lunghi anni trascorsi il materiale che poi sarebbe andato a completare "Arctic Thunder"; un disco puro, genuino, non sofisticato, dal mordace afflato solforoso, devoto al genere ideato dai due norvegesi, e che, un po' a sorpresa, si vuole riappacificare con le preferenze musicali meno inclini all'ideologia dell'heavy/punk primordiale britannico. La prospettiva dei Darkthrone non è cambiata affatto, ma in parte, si è riavvicinata al loro fertile passato e indelebile vissuto (alzate il volume su "Burial Bliss" o sulla greve "Deep Lake Trespass"). Fortunatamente la sostanza interna si è ravvivata, grazie a mutamenti accomodanti (il fascino disorientante dei Black Sabbath la fa da padrone nell'opener "Tundra Leach", nella perfida title track e nell'episodio finale "The Wyoming Distance", acuto come l'olfatto di un lupo affamato). Il fuoco, il cielo illune e le nubi oscure presenti nella foto di copertina (immagine uscita dagli archivi di Fenriz), probabilmente stanno a simboleggiare l'atmosfera notturna che soffia gelida durante l'intera durata dell'album. "Arctic Thunder" ha un suono fragoroso, nostalgico e autocelebrativo in egual misura, reso tale da una produzione irreprensibile. Non serve dire altro al nutrito numero di sostenitori del gruppo. Potete andare sul sicuro.

Contatti:

peaceville.com/bands/darkthrone
facebook.com/Darkthrone

SONGS: Tundra Leech, Burial Bliss, Boreal Fiends, Inbred Vermin, Arctic Thunder, Throw Me Through the Marshes, Deep Lake Trespass, The Wyoming Distance




mercoledì 19 ottobre 2016

Recensione: HARAM حرام "Lo Sgretolamento"
2016 - Ghost.City Collective




Non capita molto spesso di avere a che fare con delle autoproduzioni di spessore, di conseguenza, quello che oggi resta da dire è di proiettarsi nel presente, sperando in qualche flessibile attrattiva. I torinesi HARAM hanno iniziato a scrivere canzoni nel Gennaio del 2015 ascoltando la loro voce interiore: alcuni dei suoni preferiti, un certo modo di muoversi all'interno del tessuto musicale. Qui c'è il godimento di sentirsi liberi di esprimersi, in maniera che tutto ciò venga a galla. Nel secondo EP "Lo Sgretolamento" le basi non si trasformano in niente di diverso da quello che già sono, durevoli e luminose come diamanti. Ovunque ci sia di mezzo la creatività appaiono fantasmi e sofferenze da esorcizzare, in misura direttamente proporzionale. E mentre all'inizio dell'EP la situazione può assumere qualsiasi forma, verso la fine si fa sempre più astratta, perché ormai è quella che è, non si poteva fare altro. Nella vita non conta ciò che dici, conta come lo dici, e il modo in cui fa presa su qualcuno. La cosa si fa interessante perché i brani non se ne stanno solamente lì appiccicati alla colonna vertebrale di una tracklist. Quale definizione dovrei dargli? Post-hardcore? Sinceramente parlando, non mi importa di etichettare la loro musica. L'unica sensazione che si ha ascoltando gli Haram, è travolgente. Questo è quello che conta veramente. Supportateli, lo meritano.

Contatti: 

haram3.bandcamp.com/lo-sgretolamento
facebook.com/haramtorino

TRACKLIST: Henry, Lo Sgretolamento, Lo Storpio

martedì 18 ottobre 2016

Recensione: WORMROT "Voices"
2016 - Earache Records




Ci sono gruppi che nonostante la loro particolare provenienza geografica, in qualche modo sono stati toccati dalla fortuna. Per esempio, i WORMROT, musicisti di Singapore che hanno avuto il merito di firmare un importante contratto pochi anni dopo l'inizio di carriera. Ma la Earache ha sentito l'odore giusto, soprattutto perché questi tre ragazzi non lasciano mai a desiderare ogniqualvolta decidono di presentare un nuovo disco. Lo stesso discorso vale per il fulmineo e temibile "Voices", la cui credibilità si appoggia con tenacia sull'autenticità. L'incedere impetuoso è in grado di far male già al primo ascolto. Questi giovani grinder si fanno valere con buona maturità, anche al cospetto dei grandi nomi della scena. Diciamolo pure: i Wormrot possiedono delle evidenti capacità compositive. Ho avuto un'ulteriore conferma della loro crescita artistica. Tirando le somme, "Voices" rispecchia appieno l'essenza del grindcore. Non fatevelo mancare nella vostra collezione di dischi.

Contatti:

wormrot.bandcamp.com
facebook.com/wormrot

TRACKLIST: Blockhead Fuck Off, Hollow Roots, Exit Fear, God's in His Heaven, Oblivious Mess, Descending into the Unknown, Dead Wrong, Fallen into Disuse, The 1st World Syndrome, Shallow Standards, Fake Moral Machine, Forced Siege, Take Aim, Still Irrelevant, Eternal Sunshine of the Spotless Grind, Compassion Is Dead, Buried the Sun, Defaced, The Face of Disgrace, Outworn


lunedì 17 ottobre 2016

Recensione: IMPLORE "Thanatos"
2016 - Grindpromotion Records | Wooaaargh




Cominciai a parlare bene degli IMPLORE successivamente all'uscita del secondo "Black Knell", l'EP 2014 che me li fece conoscere. Riconfermai le mie personali considerazioni positive nella recensione di "Depopulation", pubblicata un anno fa su Son of Flies webzine. I ragazzi tedeschi hanno le idee chiare su come debba essere suonato il crust/grindcore, e questa intraprendenza si è irrobustita negli ultimi due anni, dopo aver messo a ferro e fuoco tantissimi locali sparsi per il territorio europeo, e non solo. Quindi, per farla breve, oggi sono in pochi a mantenere un'attività live costante e di livello. E' perciò fondamentale sottolinearlo per chi di voi non ha mai sentito parlare del gruppo di Amburgo. Partendo da tali presupposti, gli Implore continuano a versare la loro rabbia sui tessuti muscolari dei propri brani, in modo da raggiungere uno scopo ben preciso, quello di stringere in una morsa d'acciaio gli individui che si prestano all'ascolto. Sfruttando tali credenziali, è venuto fuori "Thanatos", il nuovo 7" dalla durata di 8 minuti. Non posso fare altro che consigliarlo agli amanti del genere.

Contatti: 

implore.bandcamp.com/thanatos 
facebook.com/imploreband

TRACKLIST: Disgrace, Sold, Fog, Skeptical Masses, Misery & Desolation


domenica 16 ottobre 2016

Recensione: ULCERATE "Shrines of Paralysis"
2016 - Relapse Records




Alcuni dei gruppi più rinomati nel circuito death metal possono anche essere considerati i migliori in circolazione, ma se attualmente non sono in grado di sintonizzarsi con le necessità della musica tutto si risolve in un gran miscuglio di ingredienti che non combinano l'uno con l'altro. Pertanto mi pare che il punto sia nel saper incanalare gli ascoltatori nella stessa direzione e nell'andare avanti in maniera che ciò che entra in gioco si accordi al proprio universo creativo. Purtroppo poche volte funziona così. La proposta deflagrante dei neozelandesi ULCERATE, oltre a fare progressi su vari fronti, appare sempre carica di espressività. Si tratta di un percorso alla ricerca del livello sonoro successivo, quello che definisce l'intensità dell'esperienza vissuta dagli stessi musicisti. Vorrei aggiungere a tal proposito, visto che si tratta di un argomento estremamente importante all'interno di questo contesto, che gli Ulcerate non hanno mai agito normalmente, pur muovendosi assai minacciosamente o eccentricamente. Ecco perché non è affatto semplice riuscire ad afferrare la loro essenza, a immaginarne la natura e a entrare in relazione con essa. Senza ingannare nessuno, "Shrines of Paralysis" ripercorre un po' tutti gli aspetti del suono voluto dal terzetto, dimostrando, se ce ne fosse ancora bisogno, che si può essere aggressivi senza ricorrere solo ed esclusivamente alla velocità. Personalmente apprezzo i lavori molto dinamici, dove ogni canzone contiene molteplici anime e nello scorrere dei minuti si può attraversare un ampio spettro di densità, soluzioni, arrangiamenti. Gli Ulcerate, come i canadesi Gorguts, fanno leva sulle capacità tecniche per mostrarci i volti nascosti del death metal, per cui dovremmo essergli riconoscenti. Questo CAPOLAVORO sarà disponibile dal 28 Ottobre.

Contatti: 

ulcerate.bandcamp.com
ulcerate-official.com
facebook.com/Ulcerate

TRACKLIST: Abrogation, Yield to Naught, There Are No Saviours, Shrines of Paralysis, Bow to Spite, Chasm of Fire, Extinguished Light, End the Hope




sabato 15 ottobre 2016

Recensione: LECTERN "Precept of Delator"
2016 - Via Nocturna




I LECTERN confermano i propri pregi, e lo fanno con la pubblicazione del nuovo "Precept of Delator". Il secondo capitolo segna anche il cambio di etichetta discografica, dalla Sliptrick Records alla Via Nocturna. Fin dalle prime battute ci si rende conto che questo full-length ha tutti i numeri per entrare nel cuore dei tanti seguaci del death metal. Il gruppo capitolino torna alla ribalta ad un solo anno di distanza da "Fratricidal Concelebration", con grinta e dedizione. Sono sempre stato convinto che per fare il definitivo salto di qualità, una qualsiasi band che ha già raggiunto un buon livello di maturità abbia necessariamente bisogno di una figura esterna in grado di vedere la musica da un'altra prospettiva. I Lectern hanno dalla loro parte Giuseppe Orlando (Airlines of Terror, The Foreshadowing, ex-Novembre...), che ha prodotto il disco nei suoi The Outer Sound Studios, e i risultati sono andati oltre ogni aspettativa. La formula utilizzata è sempre la medesima: un sound roccioso di stampo americano (emergono le influenze della vecchia scuola floridiana), ma non mancano gli influssi thrash metal degli anni '80 (Slayer). Gabriele Cruz, il secondo chitarrista, è entrato a far parte della line-up nel settembre 2016, quando tutto era già stato scritto e deciso da Fabio Bava, Pietro Sabato e Marco Valentine. E' l'ennesima aggressione blasfema proveniente dalla fossa dell'inferno. "Precept of Delator" unisce forma e contenuti, perciò si impone sulla scena in modo credibile.

Contatti: 

vianocturna.bandcamp.com/precept-of-delator
lectern.in
facebook.com/lectern666

SONGS: Gergal Profaner, Palpation Of Sacramentarian, Fluent Bilocation, Distil Shambles, Pellucid, Diptych Of Perked Oblation, Garn For Debitors, Precept Of Delator, Discorporation With Feral




venerdì 14 ottobre 2016

Recensione: VAREGO "Epoch"
2016 - Argonauta Records




"Epoch" è il traghetto utilizzato dai VAREGO per attraversare le acque agitate delle nostre menti, dopo aver galleggiato sulle profondità degli abissi sconosciuti ("Tvmvltvm", 2012), e aver circumnavigato l'ampiezza di un sole cieco insieme alla carismatica Jarboe ("Blindness of the Sun", 2013). Fin dagli esordi, il gruppo ligure non ha mai avuto il timore di rischiare, di mettere alla prova le proprie certezze, e non fa eccezione l'impegno profuso in questo importante passaggio di carriera, quella che oserei definire la prova del nove. Le tracce inchiodate sulle spigolose sfaccettature del disco hanno una forma irregolare, ma quella forma non è costituita da materia, bensì da palpitante energia. I quattro esploratori delineano nuove strategie per richiamare l'attenzione dell'ascoltatore, e la loro singolare inventiva, brucia in maniera uniforme in una dimensione di estasi totale e libertà. Quello che si può intravedere è l'immaginario di un'epoca che è molto più terribile della finzione, e più dolorosa di quanto si possa credere. Ancora una volta, Billy Anderson ha messo la sua pregevole firma sul mixaggio e sulla masterizzazione del disco. I Varego sono in grado di allestire un songwriting dalla forte carica emotiva, non c'è storia che tenga. Consigliato.

Contatti:

varego.bandcamp.com/epoch
facebook.com/varego
argonautarecords.com 

TRACKLIST: Alpha Tauri, Phantasma, Flying King, The Cosmic Dome, Swarms, Dominion


giovedì 13 ottobre 2016

Recensione: MESHUGGAH "The Violent Sleep Of Reason"
2016 - Nuclear Blast




Se è difficile definire non solo l'esperienza di ascoltare un album dei MESHUGGAH ma persino l'assimilazione della trama stessa, è proprio perchè l'inquietudine, in tutta la sua indeterminatezza, si trova nel nucleo del lavoro di questi straordinari musicisti. Pochissimi gruppi compongono con gli elementi indispensabili quanto loro. La propensione per le strutture complesse del suono, per i ritmi contorti diffusi nello spazio, li rende unici da questo punto di vista. E' grazie all'abilità e alla naturalezza con le quali portano in studio e sul palco tale maestosità interiore che i Meshuggah hanno conferito maggior volume al loro linguaggio marziano. Di fatto, la band di Umeå sembra aver ereditato il diritto esclusivo a fare dischi in cui l'assurdità è cruciale, per non dire obbligatoria. "The Violent Sleep Of Reason" non è solo perfetto sotto tutti i punti di vista (qualcuno di voi lo mette in dubbio?), ma aperto a nuove incursioni del caos ragionato e controllato. La ricercatezza fatta nel corso di una carriera esemplare ha prodotto risultati sorprendenti (il prossimo anno festeggeranno trent'anni di attività nella scena metal). Nei dieci brani questo accurato processo compositivo è coinciso con una specifica teoria modernista. Il successo nel connettere diversi stati emotivi senza alcun bisogno o desiderio di indagini convenzionali, gli ha permesso di fare nuovamente a meno del superfluo. Quello che ho approfondito è qualcosa di notevole che non ha paura di mostrare la sua vera faccia. La grandezza di questa compagine svedese, trova le sue resistenti basi nei meandri delle capacità innate. "The Violent Sleep Of Reason" stimola orgasmi profondi, intensi e prolungati.

Contatti: 

meshuggah.net
facebook.com/meshuggah

SONGS: Clockworks, Born in Dissonance, MonstroCity, By the Ton, Violent Sleep of Reason, Ivory Tower, Stifled, Nostrum, Our Rage Won't Die, Into Decay




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mercoledì 12 ottobre 2016

Live Report: KATATONIA + Agent Fresco + Vola
10/10/2016 ALCATRAZ - MILANO




Se lo scopo principale è quello di andare a un concerto atteso da mesi... beh... allora devo dire che, il fatto di partire da molto lontano (Lecce, Salento) per raggiungere la meta, assume un contorno speciale, e questo è successo ogniqualvolta ho vissuto una simile esperienza. Non è un caso se io e la mia compagna ci siamo sentiti a nostro agio nel vento del Nord Italia che profumava già di terre svedesi. La data stabilita era il 10 Ottobre, giorno in cui avremmo visto gli svedesi KATATONIA esibirsi sul palco dell'Alcatraz di Milano, reduci dal successo del loro ultimo disco in studio "The Fall Of Hearts", uscito lo scorso maggio per la rinomata Peaceville Records. Non è facile descrivere le emozioni che si provano in determinate situazioni, soprattutto quando si è alle soglie di assistere per la prima volta al concerto di una delle band che più apprezzi e stimi da anni. Arriviamo sul posto alle 18:00, e dopo aver incontrato un amico salentino, entriamo nel locale milanese alle 18:30; senza farci mancare birra, tabacco e risate, il modo giusto per attendere l'inizio del live.

VOLA

I primi a presentarsi sul palco sono i giovani VOLA di Copenaghen, gruppo che volenterosamente mette in scena le sfumature variopinte di "Inmazes" (debutto su Mascot Records). I quattro danesi mescolano diverse influenze musicali, spaziando dai tempi dispari e martellanti tipici dei Meshuggah a movenze più ponderate che mi hanno ricordato gli ultimi Depeche Mode, ma anche i Katatonia contemporanei. Il loro inizio non è stato proprio esaltante (soprattutto la timbrica melodica di Asger Mygind). Solo dopo i primi due brani, i Vola hanno dimostrato maggiore scioltezza, ampliando l'orizzonte di interesse dei pochi presenti durante l'esibizione.

AGENT FRESCO

Decisamente più numeroso e interessato il pubblico attento alla prova dal vivo dei post rocker AGENT FRESCO, sicuramente più melodici e alternativi rispetto ai succitati Vola. Gli islandesi, pur essento meno aggressivi dei primi, dimostrano una maggiore padronanza del palco, ed è chiaro che l'esperienza accumulata in 8 anni ha avuto un peso determinante. Alcune delle canzoni tratte dai dischi usciti tra il 2008 e il 2015 (l'ultimo fu "Destrier", pubblicato un anno fa) scaldano adeguatamente la temperatura interna della location meneghina, a tal punto da meritare gli applausi calorosi della gente. Tutto si conclude al meglio per questi ragazzi di Reykjavík.

KATATONIA

Un cambio di palco non molto lungo e giunge il momento dei tanto attesi KATATONIA, gli headliner della serata, il cui inizio appare fin da subito intenso ed elettrizzante. L'opener della scaletta è "Last Song Before The Fade", ottava traccia di "The Fall Of Hearts". Gli svedesi si presentano in piena forma e regalano un'esibizione maiuscola ed emozionante, tirando in ballo alcuni dei pezzi cardine della loro discografia, oltre ad aver aperto e chiuso le doverose parentesi dell'ultimo full-length (da brividi il singolo di successo "Serein"), con il pubblico che si esalta durante ogni singola nota cucita dai nostri. Buone le frequenze e la qualità del suono, sebbene l'Alcatraz non sia completamente gremito. A tratti ho trovato un po' troppo alto il volume del rullante di Daniel Moilanen, ma fortunatamente nulla di compromettente. I nuovi Katatonia sono una band affiatata, seducente, e mantenendo l'aura decadente che li caratterizza, sprigionano positività, producendo tante vibrazioni che vanno a scuotere l'anima e il cuore dei fan. Tra tutte le canzoni, spicca l'inaspettata "For My Demons" da "Tonight's Decision" (disco del 1999), accolta con la più grande ovazione della serata. Il frontman Jonas Renkse, con il volto completamente celato dai lunghi capelli, è concentrato ed espressivamente ineccepibile, e lo dimostra in quasi due ore di concerto; la sua voce calda e magnetica non ha deluso le aspettative. Il gruppo di Stoccolma non smette mai di sorprendere, sia sul piano strumentale che su quello prettamente emozionale. Dopo circa un'ora e mezza di energia prodotta, i cinque escono di scena, rientrando dopo pochi secondi per proporre i bis finali tanto richiesti. La tappa milanese del Fallen Hearts Of Europe si chiude tra gioia, stupore, urla impazzite e tanta, tanta soddisfazione.

Il giorno dopo, il silenzio e il viaggio in aereo.




Contatti: katatonia.com

RECENSIONE:
KATATONIA "The Fall Of Hearts" 2016 - Peaceville Records

INTERVISTA:
KATATONIA - "CUORI IN TORMENTO"






domenica 9 ottobre 2016

Recensione: BESTIR "Awaken"
2016 - Autoproduzione




Il conflitto tra aggressività e prassi si risolve nell'EP dei BESTIR, un esordio che nella sua caduta non lascia via di scampo a chi si nutre di sludge/doom metal e grindcore. Nel DNA dei canadesi corrono emozioni dal sapore amaro, una regolarità piuttosto scontata quando si parla di gente incazzata che ha il vizio di esprimersi con queste sonorità. "Awaken" è tecnicamente semplice, con accordi e riff basilari ma di indiscutibile impatto. A onor del vero, i passaggi dal piglio rallentato rovinano un po' la resa finale (troppo insistenti). Peccato... anche perchè quando il gruppo aumenta la velocità delle ritmiche dimostra di possedere i giusti requisiti. E' un suono inconfondibile quello prodotto dai Bestir, tanto iroso all'esterno quanto compatto all'interno. Non mancano la voglia e la capacità di fare. Attendo il secondo passo, sperando che i prossimi brani siano veramente in grado di lasciare il segno. Dategli un ascolto.

Contatti:

bestir.bandcamp.com/releases
facebook.com/bestirgrinddoom

TRACKLIST: The Lies that Bind, Throne of Vengeance, The Bewildered Herd


sabato 8 ottobre 2016

Recensione: LEFT CROSS "Hell Is Hell"
2016 - Anthems of The Undesirable | Vinyl Conflict




Se l'inferno è l'inferno (come dice il titolo di questo 7" di tre brani), il marcio è marcio, e tale rimarrà. Ecco gli indizi per capire bene quali siano le reali intenzioni dei LEFT CROSS, giunti al terzo EP a due anni dalla loro nascita, avvenuta a Richmond, Virginia. Il suono fetido messo in moto dai nostri (con spesse influenze old school death metal) è quanto di più corrotto c'è in circolazione, quindi siamo di fronte a una band consapevole dei propri gusti musicali, che si muove con convinzione in un fluido stagnante, e che non indugia a farci soffocare nell'orrore. "Hell is Hell" viene suonato in maniera rumorosa, con grezze variazioni che trasudano acrimonia da ogni poro; tutto ciò basta e avanza, per rimanere impietriti dinanzi a un grido lacerante nel cupo imperversare del dolore. Nel 7" la morte è utilizzata come metodo di narrazione. Non è nulla di nuovo, ma il nome dei Left Cross potrà fare la gioia dei veri deathster, quelli meno esigenti, tanto per intenderci.

Contatti:

leftcross666.bandcamp.com/hell-is-hell
facebook.com/leftcross666

TRACKLIST: Hell Is Hell, Necromunda, Desperate for Conquest


venerdì 7 ottobre 2016

Recensione: MASS GRAVE "The Absurdity Of Humanity"
2016 - Unrest Records | Haunted Hotel Records




La brevità del travolgente "The Absurdity Of Humanity" non è di certo un difetto penalizzante, d'altronde per essere presi in piena considerazione nella scena crust/grindcore sono necessarie precise caratteristiche. Ecco perché bisogna citare l'insolenza, il cinismo, la concretezza, le buone capacità di combinare i giusti arrangiamenti (è quest'ultima facoltà a rendere meno stantiee le regole ferree in materia). A conti fatti, i ragazzi canadesi non hanno la ben che minima intenzione di tenere a freno la loro furia cieca, con la convinzione di non essere secondi a nessuno. Quindi non importa quanto sia originale il nuovo disco dei MASS GRAVE. E' anche risaputo che in certi circuiti anti mainstream, importa solo quante volte cadi e ti rialzi. L'unica cosa da capire è quanto sei disposto a sacrificarti prima di arrenderti. Ma è qualcosa che non puoi sapere se non ci sei dentro. Nello spazio di un quarto d'ora, il gruppo sciorina la propria condotta incivile, coerente con il genere musicale proposto. I titoli dei brani parlano chiaro. "The Absurdity Of Humanity" è un'arma letale ben oliata che funziona alla perfezione. Nutro massimo rispetto per animali da palco come i Mass Grave. E fatevi uccidere se necessario.

Contatti: 

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TRACKLIST: Social Scourge, Onward, Futile Future, No More, Progress // Collapse, Lack Of Control, Survive, RCMPIG, Fascist, Traits Of Man, L.S.D.O., Vice